Grandi successi e fallimenti ben mascherati si alternano nel quarantennio della tirannide di Dionisio I di Siracusa (ca. 432-367 a.C.), detto il Vecchio per distinguerlo dall’omonimo figlio, il Giovane. La fonte principale per ricostruire le sue vicende è Diodoro, che ne scrive, nel I secolo a.C., in due libri (XIII e XIV) della sua monumentale Biblioteca storica. Altrove, le notizie abbondano, ma sono di natura spesso difficile da valutare: da tiranno amato e ancor più detestato, ben presto Dionisio ispirò una aneddotica ricchissima, che a volte, considerando la natura non troppo diversa del figlio, confonde i due personaggi. Ma fu davvero un tiranno Dionisio?

Non nel senso originario del termine, senz’altro. Come mostra Alessandra Coppola in uno degli ultimi Profili usciti per Salerno Editrice (Dionisio il Grande, Profili 101. Salerno Editrice: Roma 2022, pp. 283), la base legale del potere di Dionisio è solo apparentemente chiara: egli è chiamato altrove “arconte della Sicilia” e più spesso se ne sottolinea il dominio territoriale. Quella di Dionisio, salito al potere nel 407/6 come stratega coi pieni poteri (strategos autokrator) e rimastovi fino alla morte, è la storia della nascita di una grande dynasteia, il “dominio territoriale” che Siracusa seppe formare in Sicilia, in Magna Grecia e in alcuni avamposti sull’Adriatico all’inizio del IV secolo.

I quattordici capitoli di questa divertente biografia mettono insieme il racconto piano dell’ascesa e della permanenza al potere e una discussione mai banale della ricca messe di aneddoti associati al personaggio nell’antichità. Dionisio sale al potere criticando l’operato di generali siracusani precedentemente non in grado di frenare l’espansione cartaginese: Selinunte è caduta nel 409, Agrigento nel 406. Il primo tentativo di Dionisio non va tuttavia a buon fine, ma è anzi l’occasione per una temporanea ripresa di attività dei suoi oppositori, i cavalieri siracusani che assediano la casa di Dionisio e uccidono, dopo indicibili violenze, la prima moglie.

Seguiranno altre vittorie di Dionisio, in città e contro i Cartaginesi. Soprattutto per quanto riguarda l’asse italico, da Reggio fino all’alto Adriatico, il testo di Coppola offre un’analisi magistrale delle vicende che, dall’inizio degli anni Novanta, giungono alla presa di Reggio del 387/6 (capitolo VII). A Dionisio si devono stanziamenti lungo l’Adriatico, come Lissa e Ancona, di natura diversa, secondo applicazioni diverse del principio di egemonia territoriale, sulle quali già si espresse uno storico come Domenico Musti, che pure definì il governo di Dionisio, con iperbole efficace, un primo esempio di regno delle due Sicilie.

Ma a questi aspetti evenemenziali non possiamo qui dedicare troppo spazio, preferendo lasciare a lettrici e lettori il gusto di una ricostruzione mai banale e attenta alla complessità degli scenari coinvolti (Atene e Cipro, che comprendono la grandezza del personaggio; Cartagine, mai ferma; la Lega degli Italioti, un esperimento insolito di unione tra Greci d’Italia). Al grande pubblico, forse più a suo agio con altre figure già comparse nei Profili di questa casa editrice, sarà sorprendente anche leggere della bigamia di Dionisio (capitolo V), perché il tiranno sposò, verosimilmente nello stesso giorno, una Locrese e una Siracusana. Le nozze furono particolarmente scenografiche e invitiamo a leggere le pagine relative gli appassionati di odierni show televisivi su nubendi dai gusti estrosi; qui possiamo anticipare la storicità del dato e l’alta intelligenza che, sul piano privato, dimostrò un tiranno che non temette mai di stupire -e di spaventare.

Al Dionisio burbero e aggressivo è infatti dedicata una messe di storie, come quella per la quale avrebbe venduto in schiavitù niente meno che Platone. Queste tradizioni sono alle spalle di un noto racconto di Andrea Camilleri del 1999 (Il filosofo e il tiranno), col quale l’autrice si congeda. Indubbiamente l’opposizione anche interna subita da Dionisio lo costrinse a un costante timore che spiega anche la fortificazione dell’isola di Ortigia, a Siracusa, che diventa come la conosciamo oggi praticamente sotto Dionisio; egli ne fa la propria reggia così come altri, a Roma, legheranno al colle Palatino l’idea di palazzo quasi per antonomasia. Tutto questo non passò mai inosservato, né avrebbe potuto: oltre a soffermarsi infatti sull’immaginario comico ateniese e sulle imitazioni subite dal tiranno in vita (capitolo IX), l’autrice dedica anche pagine importanti alla produzione tragica di Dionisio (capitolo XIII), che sarebbe morto proprio celebrando, nel 367, la sua unica vittoria in un agone drammatico.

La biografia di Dionisio il Grande interesserà lettori interessati al IV secolo a.C. da diversi punti di vista. Non è un caso se un nome come quello di Platone sia qui stato citato solo una volta, per invitare proprio a una lettura diretta e attenta della storia di Siracusa di questi decenni, come può essere ottenuta con questo testo. Dionisio anticipa per molti versi forme e colori della regalità ellenistica, ma è soprattutto espressione della ricchezza culturale della sua città, Siracusa, alla cui storia non si presta solitamente sufficientemente attenzione nell’immaginario collettivo. In questi giorni in cui si parla della possibile anastilosi di tre colonne del tempio G di Selinunte, occorrerà ricordare che l’impatto drammatico della distruzione di quel tempio e di quella città fu tra i primi moventi che indussero Dionisio a entrare in politica. 

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