Coniugare religione e divulgazione non è mai un compito facile. Chi scrive deve fare i conti con le convinzioni più intime del ‘grande pubblico’ a cui si rivolge, nella piena consapevolezza che i suoi lettori saranno necessariamente animati dalle idee più diverse – e che, per giunta, non saranno sempre disposti a metterle da parte per riflettere criticamente su dati e fonti storiche. I santi, poi, sono un argomento particolarmente scabroso: c’è chi non ne riconosce il culto (i cristiani evangelici, per esempio), chi – riconoscendolo – preferisce lasciarli stare (e, magari, scherzare coi fanti) e, infine, c’è chi non riesce intimamente ad accettarne i difetti o gli errori. Prima di dedicare un’opera di stampo divulgativo agli uomini illustri del cristianesimo, l’autore deve, dunque, definire con precisione le chiavi di lettura che intende adottare, al fine di rispondere in maniera esaustiva alle domande che il suo intended audience si pone.

Già, ma di che domande si tratta? Cosa chiede il ‘grande pubblico’ del Terzo Millennio ai santi protagonisti del mondo tardoantico, o anche solo a monaci e predicatori novecenteschi, irrimediabilmente distanti dalle sfide del villaggio globale? La risposta è, forse, ancora da cercare in una fortunata espressione utilizzata da Gregorio di Nissa nell’Encomio di san Teodoro, che Peter Brown riprende nel celebre volume The Cult of the Saints. Its Rise and Function in Latin Christianity (The Haskell Lectures on History of Religions, New Series 2, The University of Chicago Press: Chicago 1981, p. 50) in riferimento alla spiritualità della Tarda Antichità e del primo Medioevo: mutatis mutandis, per il lettore del XXI secolo il santo rimane un «amico invisibile» (ἀόρατος φίλος), vale a dire un compagno fidato in grado di fare da mediatore tra i difetti dell’uomo comune e la perfezione della Divinità. Oggi come ieri, insomma, credenti, studiosi e semplici curiosi cercano di rintracciare nelle fonti agiografiche gli ideali e le debolezze che caratterizzano il presente, traendo dalle figure di spicco della storia della Chiesa lezioni di vita pienamente spendibili nella quotidianità.

Tutto questo è senz’altro ben noto a Leonardo Tondelli, autore di una singolare raccolta biografica che, sin dal titolo, propone una lettura della santità conforme ad una scala di valori decisamente attuale: Catalogo dei santi ribelli. Storie di immigrati, ladri e prostitute che hanno cambiato la Chiesa (UTET: Milano 2022) è un volume ricco di spunti di riflessione, in cui si alternano figure più e meno note, accomunate – secondo la prospettiva adottata dal divulgatore – da un atteggiamento di severa critica o di aperto rifiuto nei confronti dell’ordine costituito e delle convenzioni sociali. «Dagli evangelisti e dai protomartiri alla rinuncia di san Francesco, fino ad arrivare a Padre Pio, infatti, la strada per la santità passa attraverso la ribellione», scrive Tondelli nel risvolto anteriore del volume.

Frutto di una rubrica che l’autore cura sul Post da dieci anni, l’opera consiste, dunque, in una serie di ritratti, suddivisi in nove categorie; di esse, le prime quattro costituiscono una sezione unitaria, basata su un rigoroso ordine cronologico (si va dagli evangelisti ai padri della Chiesa), mentre le altre raccolgono figure accomunate da tratti che non possono non colpire la sensibilità di un lettore del 2022: tra i protagonisti di queste unità tematiche trovano, infatti, posto martiri spesso associati alle battaglie della comunità LGBTQ+, santi neri, poveri, o autolesionisti e, infine, personaggi di rilievo della religiosità del Novecento.

Proprio queste ultime categorie mostrano chiaramente come, nella lettura di una fonte agiografica, il punto di vista adottato svolga una funzione di primo piano. Se gli storici e i filologi sono chiamati ad occuparsi di quello che il santo ha effettivamente detto, un buon divulgatore può permettersi di dedicare qualche pagina anche a ciò che questi avrebbe potuto (e potrebbe, al giorno d’oggi) dire. Tondelli si rivela spesso in grado di unire queste due prospettive, alternando notizie biografiche piuttosto accurate a toni più leggeri, conditi da riflessioni personali e da una scrittura di indubbia qualità.

Il risultato è un’affascinante raccolta di curiosità ed aneddoti, che sa coinvolgere sia il grande pubblico, sia i lettori più esperti (ai quali non sfuggiranno, però, alcune imprecisioni; tra le più bizzarre, segnalerei il riferimento, a p. 18, all’alias del Levi evangelico, ‘Matteo’, curiosamente definito «un nome greco», ed il cenno di p. 97 alle «Antiquitates di Giovanni Flavio»). In un’opera tanto variegata, a fare da filo conduttore è l’ironia garbata con cui Tondelli affronta anche i temi più delicati: il Catalogo dei santi ribelli si rivela una lettura piacevole e divertente, che non indulge mai a facili toni scandalistici, né al gusto del ridicolo.

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